La recente sentenza della Corte dei Diritti Umani di Strasburgo e della Corte Costituzionale sulla concessione a boss mafiosi e terroristi condannati all’ergastolo, deve per forza di cose far riflettere e incentivare una profonda riforma della giustizia in Italia.

Al netto della deprecabile e opinabile decisione delle due alte corti, e premesso che non può esservi nessun premio per chi si è macchiato di crimini molto gravi ed ha avuto la giusta condanna al carcere a vita, non si può raggirare la problematica con una valutazione generale e poco incisiva. Ormai nella società, i crimini sono in netto aumento, quelli di notevole impatto sociale, quali associazione di stampo mafioso terrorismo e altro, non possono essere trattati alla stregua di un piccolo furto di galline. Ora in seguito alla dichiarazione di illegittimità dell’art 4  bis dell’ordinamento penitenziario che non prevede la concessione di permessi premio per questi efferati delinquenti, il Parlamento ha il dovere di intervenire per fare nuove leggi repressive del fenomeno, e per far sì che chi si è macchiato di reati di questo genere, non possa più uscire dal carcere o avere, com’è nell’impostazione e criterio stabilito dalla Consulta, permessi per buona condotta oppure se i soggetti  hanno dimostrato ravvedimento.

Le ideologie “buoniste”, non giovano all’applicazione della legge e fanno male a chi ha subito un crimine. Ma fanno ancor più male al diritto stesso che vede così sminuita o soppressa la sua funzione principale di regolatore delle condotte umane, e di salvaguardia dei valori primari quali quello alla vita e alla pacifica convivenza

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