Nuova disciplina del fallimento e del sovraindebitamento
La disciplina del fallimento è cambiata con il decreto legislativo n.14 del 2019 abolendo la parola fallito e prevedendo nuove misure quali la procedura di allerta e composizione con il fine di evitare la crisi d'impresa e lo stato di insolvenza e salvare l'attività del debitore
Nel 2019 il legislatore ha approvato ed emanato il nuovo codice del fallimento e ridisegnato l’intera impalcatura della normativa sulla crisi d’impresa. Nel 2012 con il decreto n.3, nell’ordinamento italiano è stata introdotta una nuova disciplina del sovraindebitamento, il cui intento legislativo e la ratio giuridica, risiedono nella volontà di evitare crisi senza una via d’uscita per le piccole e media imprese, e per quanto possibile salvare i beni dell’imprenditore.Il decreto legislativo n.14 del 2019 ha in primo luogo abolito il termine fallimento sostituendolo con quello di crisi d’impresa, ma la sostanziale differenza con il passato è da rinvenire nella volontà di salvare il patrimonio aziendale, quando questo sia possibile. Prima di analizzare le sostanziali novità, ci pare opportuno ricordare e delineare in sintesi il concetto di fallimento. La fonte normativa fondamentale della disciplina sul fallimento è stata la legge n. 267 del 1942 che ha definito con precisione organi e funzioni dell’istituto del fallimento. In base a quanto essa dispone sono soggetti necessari del fallimento:
- il tribunale fallimentare
- il giudice delegato
- il curatore fallimentare
- il comitato dei creditori
L’avvio della procedura si ha con la presentazione della domanda che avviene sotto forma di ricorso da parte del debitore stesso, dei creditori o del pm quando richiesto, al tribunale ove risiede la sede principale dell’impresa.Il tribunale fallimentare ha poteri di direzione dell’intera procedura, il giudice delegato ha la direzione dell’intera procedura, il curatore ha la gestione e l’amministrazione dei beni, il comitato dei creditori ha funzioni di controllo dell’operato del curatore. I presupposti fondamentali per la dichiarazione del fallimento sono;
– la qualità di imprenditore commerciale
– lo stato di grave insolvenza che consiste in una condizione economica molto difficile e nel mancato pagamento di spese e debiti
Non sono assoggettabili alla procedura fallimentare chi ha un’impresa agricola e i piccoli imprenditori,
La decisione sulla domanda di fallimento è del tribunale che ha due possibilità:
– accogliere la domanda e dichiarare aperta la procedura
– non accogliere la domanda e chiudere la procedura
Se esso accoglie la domanda, previo verifica dei presupposti, si apre la prima fase del fallimento con la nomina del giudice delegato cui compete come sopra riportato, la direzione e la vigilanza su di essa. Una volta nominato il curatore si passa alla gestione vera e propria della procedura. In primis il curatore ha il compito di gestire e amministrare i beni del fallito, di redigere un inventario di questi e una relazione sul patrimonio. In sintesi le fasi della procedura fallimentare sono:
- accertamento del passivo
- accertamento dell’attivo
- vendita
- assegnazione e distribuzione dei beni
A differenza del fallimento la nuova procedura non prevede più lo spossessamento dei beni del debitore, e una seria di attività che possano evitare la dichiarazione di fallimento. Il codice d’impresa ha previsto una particolare procedura chiamata di “allerta” e di composizione della crisi. Il soggetto fondamentale di essa è l’OCRI che è l’organismo istituito presso la camera di commercio che ha il compito di valutare la crisi e di mettere in atto azioni che mirano ad evitare l’insolvenza e il fallimento del debitore secondo il principio di conservazione dei beni